venerdì 29 gennaio 2010

Il parrozzo: il dolce del vate

Parrozzo, il dolce del Vate

fu D’Annunzio a dare il nome Parrozzo al celebre dolce abruzzese
di Giovanna Ruscitti

La vita contadina abruzzese, scandita dal ritmo delle stagioni è, da tempo immemorabile, caratterizzata da piatti realizzati con semplicità. Se sulle tavole dei signori si spandeva la fragranza del pane bianco, quello fatto con la farina di grano s'intende, sulla mensa dei contadini si consumava il pane preparato con farina di granoturco che gli conferiva il classico colore giallognolo, di forma emisferica e cotto al forno a legna. Veniva chiamato "pane rozzo", proprio per il suo aspetto scuro e per la sua umile origine. Si deve alla felice intuizione di Luigi D'Amico, agli inizi del secolo scorso, la trasposizione dolciaria di quel pane: il giallo del granturco fu ottenuto con quello delle uova, la forma emisferica rimase inalterata, il colore scuro esterno, segno delle bruciacchiature caratteristiche della cottura nel forno a legna fu ottenuto con una copertura di finissimo cioccolato fondente. Sembra che fu Gabriele d'Annunzio in persona a suggerire il nome di Parrozzo al dolce a lui particolarmente gradito, dedicandogli lettere e sonetti. Ma anche altri artisti abruzzesi, che erano soliti conversare amabilmente nel Ritrovo del Parrozzo, tra una goloseria e l'altra, ne celebrarono la bontà: Luigi Antonelli, commediografo e critico letterario nel 1927 scrisse una "Storia del parrozzo", il ceramista Armando Cermignani realizzò i disegni e i colori della scatola, il maestro Di Jorio musicò la canzone del Parrozzo sul testo dell'umanista Cesare De Titta. (da un articolo : http://www.inabruzzo.it/rivistacarta/numero%2000/articolo00_08.htm

mercoledì 20 gennaio 2010

Sformatino di scarola

Ci si prova  a fare i fighi. Si gioca a fare i grandi chef. Per fortuna l'appetito non è tanto, siamo stracolmi di immagini e di cibo, ma di scarsissima qualità nutrizionale ahimè.  Allora approfitttando di una serata in cui abbiamo avuto ospiti a cena, abbiamo voluto far vedere che uno sformato può essere servito in un certo modo tanto per appagare gli occhi, ma alla fine è sempre la sostanza quello che conta. Se quando mettiamo in bocca qualcosa di bello a vedersi non stimola le papille gustative, allora abbiamo solo perso tempo.
Questa è una ricetta modesta, come modesto è il modo in cui sono riuscita a presentarlo, ma il sapore è sincero e di certo appaga.
La ricetta come al solito è qui: Sformatino di scarola

domenica 3 gennaio 2010

Petto di anatra al Marsala

Lei nuota tranquilla, non sa che il suo petto è una delle delizie della cucina  già sin dal medioevo e a tutt'oggi. Già, lei non lo sa, ma noi si.
Basta con la solita cucina rifatta e ricucinata e rimangiata. Che barba le feste,  che barba i ristoranti, quasi come se ci fosse bisogno di qualcosa di speciale per un piatto speciale che si porti via tutte le feste. Oggi è un giorno speciale: ho per le mani del petto di anatra "volantina".
Nessuna marinata, pochi minuti e il sublime petto è pronto. Persino la tavola va apparecchiata in maniera più appropriata per accogliere qualcosa che si mangia molto raramente.
Non esitate se incontrate del petto d'anatra o se riuscite a procurarvi una intera anatra, prendetela e cucinatela. Farete felici chi gusterà assieme a voi quello che avete cucinato.
Bollicine rosa oppure rossi ben strutturati e assolutamente privi di tannino sono consigliati per gustare questo divino piatto.
(PHOTO CREDIT: bondolasmarsa.blogspot.com) 

La ricetta la trovate qui:

Petto d'anatra al marsala